Mi chiama Christian Soddu. Dice – ti va di scrivere una cosa per il nostro sito?
– Che genere di cosa? – faccio io.
– Ma quello che vuoi, una cosa estiva, il caldo, gli incendi, le vacanze. Ci vai in vacanza? – mi fa.
– Mmm, sono indietro con diverse cose. Mi sa che no. Ho un paio di scadenze che…
– Ma rilassati, prendi un last minute e te ne vai. Però prima mi fai un paio di cartelle, eh, checcivuole.
– Ah – dico con sollievo – un paio soltanto.  – Un pensiero, un calembour – dico. Questa del calembour non so dove l’ho presa, è uscita al volo e spero che farfallando sia passata senza depositarsi.

Sì – fa lui – un calembour andrebbe benone. Non farmi un ditirambo, niente di ampolloso.
Minchia. Il ditirambo? penso all’istante. Il pensiero successivo è: faccio cadere la linea, disdico il numero e lo riattivo a settembre. Eh, ma il telefono mi serve. Poi magari mi becca sulla mail, sui social. Non risolvo.
– No – faccio io – escluderei il ditirambo, sono d’accordo. Troppo autunnale. Va bene con le castagne.
– Con?
– ‘Scia stare Cris. Era per dire.
– No, no, autunnale a pensarci bene sarebbe originale. Ma certo. Del resto, noi di WE siamo sempre stati avanti, quindi una visione prospettica sarebbe anticipatrice. Sarebbe come un saluto all’estate, questa lunga estate rovente – sogghigna – Sembra il titolo di un romanzo. Vabbè, cosa ne dici, mi viene da pensare a un pezzo che, senza essere struggente, magari abbia quello spleen meditativo…
Lo spleen? Oddio.
– Vuoi dire alla maniera di, di, non mi viene il… quello dei fiori, no? Del maligno. No, del male, mi pare. Cioè…
– Baudelaire. Charles Baudelaire, te lo ricordi?
Sento che rimugina.
– Così decadente? – faccio io.
– Ma no! Non decadiamo, niente nichilismo, stiamo sul gioco di parole, il nonsense. Magari con un pizzico di ironia che per certi aspetti è la tua cifra anche nel poliziesco, di romantico senza cadere nel rosa. Farei una cosa a cavallo.
– Mai saputo andare a cavallo Cris.
– Figurato, a cavallo in senso figurato.
– Be’ certo, figurato. Figuriamoci. Quindi, per riassumere, un paio di cartelle a gusto mio, sull’estate, cioè no, sull’autunno, un po’ per esorcizzare il tempo che passa, il divenire, lo sguardo che va oltre l’immediato, un po’ romantico, a cavallo dell’ironico senza essere acido. Capito. – Mi viene l’ansia da prestazione solo a riepilogare. – Ma, se la facesse Patriarca questa cosa? Lo dico perché lui con questi ingredienti lo inviti a nozze. Fabrizio, ti giri e ha scritto un romanzo, mica balle. Poi, era nella dozzina dello Strega, Fabri ha uno spessore che… se vuole…
– È in ferie. Sennò, scusa… – dice lui.
– Ah.
– Non si è portato manco il cellulare.
– Ah. Neanche il cellulare – dico io – Che stronzo vorrei dire. Invece mi esce tutta un’altra cosa – Tranquillo Cris, mi ci metto e per metà agosto ti mando… magari un dialogo, una cosa tipo poliziesco di fantasia con il mio personaggio, il commissario Vivacqua, sai, no? – la butto alla disperata – un pezzo surreale un dialogo tra autore e personaggio…
– Mi serve per domani, massimo dopodomani. Sono contento che ci pensi tu, sai? Però non ce lo vedo il dialogo.
Lo sapevo.
– Ah non ce lo vedi?
– Farei più una cosa alla Richler, hai presente Barney, no? La versione di Barney.
– See. Buonanotte – faccio io – hai detto niente. Vabbè, e dove va a finire il pezzo?
– Nel nostro sito web, nella rubrica “Vaghèzie”.
Miseria vacca. Cosa ha detto?
– Dove? – vorrei smoccolare ma sono uno scrittore piuttosto considerato, ho un certo stile, una dignità da difendere. Però, non ho capito. – Scusa, ho un disturbo, dove lo inserisci?
– Nella rubrica Vaghèzie, la conosci no? Ci scrivono i nostri migliori collaboratori, scrittori, critici, autori. Vaghèzie!
Mai sentita, neanche la parola. Digito sul computer volando. Il correttore segna rosso. La cerco sul software del Devoto Oli. Niente, parola inesistente.
– Certo che la conosco, che diamine Cris. Adesso me la segno, così te la scrivo nell’oggetto – digito ancora: va-ghe-zie…
– Scusami – dice lui – mi suona l’altra linea, mandami tutto per mail domani. Ci sentiamo se ti occorre. Stammi bene, e grazie.
– È un piacere, buone va…
Mi passa per la testa l’immagine dell’arcangelo Michele che trafigge Soddu con una lancia, e il poveretto si divincola come una lucertola. Il correttore nel frattempo lampeggia, forse ha un suggerimento, faccio click e mi propone:

VAGHE ZIE

Vaghe, da vago, vagus, indeterminato, non chiaro. Qualcosa mi dice che questo articolo mi farà girare il creapopoli. Le zie, poi. Cosa c’entrano le zie? Mah.


Carlo F. De Filippis
vive e lavora a Chieri, sulle colline torinesi. Salvatore Vivacqua, il commissario siciliano trapiantato sotto la Mole, è alla seconda indagine dopo Le molliche del commissario, romanzo uscito per Giunti.