WestEgg non va in vacanza; sono le vacanze che arrivano a WestEgg.
Per dar loro il benvenuto, inauguriamo da oggi una serie di vaghèzie a tema estivo: racconti, ricordi, riflessioni, aneddoti e letture firmati da amici scrittori, giornalisti, critici e westegghiani doc verranno pubblicati sul nostro sito durante tutta l'estate a intervalli irregolari.
Iniziamo con I grilli, racconto fobico-vacanziero di Piero Balzoni arrivato quest'anno alla finale del concorso 8X8 di Oblique Studio.

 



Arrivammo alla casa del mare che i grilli erano già lì. Sui pomi del letto a castello, intorno al tappo della zuccheriera, sulla pila degli asciugamani che la padrona aveva preparato per noi. Le tracce dell’ultimo passaggio umano in quelle stanze inselvatichite. Quanto rimaniamo qui, mamma? Due settimane.


Il tempo necessario a mettere da parte i rapporti logorati dai ricatti della città, cercare i nuovi desideri di settembre spiandoli attraverso i canneti che nascondevano il mare alla vista. Davanti a mia madre dovevo sorridere, dissimulare, dovevo anch’io fingere di aver atteso il momento dei sonni scomodi, delle bibite da tenere in fresco per le gite in spiaggia, io e lei.
Di mattina raggiungevamo una cala deserta camminando attraverso una ferita di terra che si apriva nel giallo dei campi coltivati. Ospiti nel loro regno, i grilli allertati ci guardavano sfilare come una coppia di reali in fuga, sussurravano la notizia del nostro arrivo. Li zittiva soltanto il passaggio inaspettato di una nuvola gonfia di pioggia, e la sua scomparsa, ordinata da un direttore d’orchestra delirante di quel concerto senza capo né coda. Posavo lo sguardo su un sasso, un filo d’erba, sulle pozzanghere dell’acquitrino per non incontrare i loro occhi di petrolio che mi indicavano come responsabile di una colpa atroce, imperdonabile. L’unico rifugio per noi fantasmi d’agosto era una riga di sabbia nera schiacciata tra la schiuma delle onde e due file di siepi rinsecchite. Immerso nel buio del fondale marino, il naso stretto tra pollice e indice, ero libero dalla loro presenza ostile.


Tornavo a casa per cercare pace in un’acqua finalmente dolce. Sul rubinetto della doccia, lungo lo scarico del lavandino, attirati dal lucore dei vetri smerigliati, mi aspettavano. Annidati dietro le travi del soffitto, sotto alla scala a chiocciola in ferro battuto, ci guardavano riposare. Mi era impossibile tenerli a distanza, le loro voci metalliche ripetevano ogni volta la sentenza definitiva. Così trascorrevo il pomeriggio costruendo castelli di pietra in giardino, protetto dai panni lasciati ad asciugare davanti alla porta di casa, al riparo sulla mia zattera di bianco e roccia. Non entravo nella mia stanza nemmeno durante le ore più calde, non m’importava la conquista dello spazio, di uno spazio qualsiasi. Non mangiavo. Un giorno dopo l’altro cambiavo aspetto e diventavo ossuto, la pelle una filigrana appoggiata sui muscoli. Dimagrivo, le braccia e le gambe erano funi annodate tra loro, annerite dal sole e indurite dall’acqua marina. Ti stai facendo uomo, ma non era vero.


Di notte, sudavo. Negli incubi, ero io stesso un grillo. Le zampe dritte come schegge di legno, lo sguardo marziano sul mondo intorno a me. Allora spalancavo gli occhi nel buio e la stanza mi pareva vuota. Invece loro erano là, a controllarmi dalle lenzuola che odoravano di canfora, dal quaderno dei compiti per le vacanze abbandonato sopra al tavolo della cucina, dove le tenaglie delle loro bocche devastatrici piluccavano molliche e avanzi della cena finché non restava più nulla da dividere e la legione si spostava altrove. Abbandonata sul letto come un animale ferito a morte, senza una coperta o un panno a coprirla dalla brezza notturna, mia madre dormiva in mezzo a loro. E quando si accorgevano di me, i movimenti rallentati dei grilli diventavano scatti sincopatici. Imprevedibili nei percorsi, incomprensibili nella loro determinazione a raggiungermi. Ma nemmeno di notte riuscivo a ucciderli, cedevo sempre alla repulsione. Allora ringhiavo ordini a me stesso, alla fine la guerra l’avremmo vinta noi. Due settimane era il tempo della resistenza.
Tornammo con mio padre l’estate successiva e quella dopo ancora. Ma i grilli non c’erano più.


Piero Balzoni
: script editor e sceneggiatore per la televisione. Suoi racconti sono stati pubblicati su antologie e riviste di critica. Come uccidere le aragoste, il suo romanzo d’esordio, è uscito nel 2015 per Giulio Perrone editore. Vive a Roma.